Luca D. Majer
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In perenne licenza poetica, le tre re-incarnazioni di Leonard Cohen. 

 

"Easy Chair", quadro

 

Idra, 1960

 

Buckskin Boys

 

Marianne

 

Kelley & Leonard

 

NFB

 

 

Give me crack and anal sex/Take the only tree that's left
And stuff it up the hole/In your culture

Give me back the Berlin wall/Give me Stalin and St. Paul
I've seen the future, brother/It is murder

("The Future"- 1992)
 

 

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Arrivato in CBS Cohen chiede che Don Johnston gli produca il primo disco ma la CBS nisba e sceglie John Simon. Volendo seguire le memorie di Johnston, la storia del primo albo di Cohen fu che John Simon "mise tutte quelle stronzate che Leonard odiava, migliaia di piccole cose, fischietti e tutto l'andabaràn". Cosicché, finendo come voleva iniziasse, Cohen per il secondo disco chiama Don e questo gli dice "ma sì, vieni giù a Nashville". Lo diceva spesso. L'aveva appena detto-fatto con Dylan e prodotto "John Wesley Harding". 

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Parlo di Don perché ha inventato in assoluto la migliore metafora sul Cohen strumentista: "La sua chitarra ha sempre suonato come una vedova nera. Nessuno ha mai suonato così. Mai nessuno" e bisogna fidarsi di uno che ha prodotto sei Johnny Cash, cinque Dylan, tre Cohen, e anche Jimmy Cliff, New Riders of Purple Sage, Loudon Wainwright III, Byrds, Moby Grape, Lindisfarne etc.

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Pubblicato su Blow Up, numero di Gennaio 2017