Luca D. Majer
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Geometrie oniriche e territori casuali: lo spazio sonoro in Stanley Kubrick.

 

 

Stanley il batterista

 

Guardare la morte negli occhi

 

Al Bowlly

 

 

E ho fatto 48 takes agli studi Shepperton e avevo il sigaro e tutto il dialogo e il linguaggio tecnico militare e ho iniziato a [schiocca le dita] sbagliare, sbagliare, sbagliare. E qualcosa mi ha detto: certo ho già avuto problemi, per dire 8 takes, 10 takes, 12 takes, eh? Ma qui si andava oltre la ventina, eh... E sudo come un cavallo e mi asciugano con un panno... E fu lì che successe una cosa bellissima, parlando di Stanley Kubrick. Alla fine mi sono alzato, non ce la facevo più. Sono andato da lui e gli ho detto "Stanley, mi voglio scusare con te". E lui mi disse questo, una delle cose più belle che un uomo mi abbia mai detto nella vita. Mi disse: Sterling, lo so che tu non riesci ad aiutarci e io non posso aiutarti, MA il TERRORE nei tuoi occhi, sulla tua faccia potrebbe essere proprio la QUALITA' che vogliamo da questa testadicazzo del generale Jack Ripper. Mi disse: Se non è così, torna fra un paio di mesi e rifacciamo tutto da capo.
Cioè: fu stupendo. Non lo dimenticherò mai. (...)
Ah! Quello che si dice un recitare all'inverso! Eh?

Sterling Hayden - sull'impersonare Jack D. Ripper

La cosa importante è di non smettere di chiedere. La curiosità ha le sue proprie ragioni d'esistere.
John Cage, anaRchy

Sometimes even opinion makers have their eyes wide shut.
Stuart Klawans, New York Times

Non hai ancora capito che devi essere come tutti gli altri. La mediocrità perfetta. Non meglio, non peggio. L'individualità è un mostro che va strangolato nella sua culla.
Maurice/Kola Kwariani

(...)

Daisy Bell era una canzoncina di Harry Dacre che un tale Max Mathews (laureato alla Cal-Tech e al MIT, dirigente della Bell Telephone Laboratories tra '62 e '85) aveva registrato nel 1961 con la voce generata da un computer IBM7094 (NB: della storia ho letto altri nomi e versioni diverse - potete ascoltare l'originale su vintagecomputermusic.com). Mathews poi continuò in campo musicale pubblicando alcuni pezzi in una raccolta di musica elettronica della Decca, Music for Mathematics, e collaborando con Varèse, Cage, oltre ad aiutare Boulez a mettere in piedi l'IRCAM a Parigi. Scelte informate, insomma, con un pezzo e un personaggio assai noti nel giro dell'A.I. americana.

In altre parole questi tecnologici valzer della morte ci obbligano a considerare l'eventualità che SK si sia concesso il piacere di dare voce pure a chi - proprio in quegli anni - s'interrogava sul delirio di accettare le fatalità derivanti dalla tecnica, ovvero accettare la tecnica come destino. Penso al filosofo Jacques Ellul che proprio rifiutava questa fatalistica predisposizione sollecitando l'umanità a ribellarsi, ritrovando i tratti delle tragedie greche in questa mitica battaglia per la supremazia fra tecnica e intelletto.

Chiamiamolo un caso, ma nel discorso di accettazione del più importante premio che ricevette in vita (il DW Griffith Award - 1997) SK resuscitò proprio un mito greco, parlando contro la saggezza popolare. Parlò di Icaro e di come, a suo avviso, quel mito non criticasse tanto il " volare troppo alto" quanto piuttosto suggerisse di "fare un miglior lavoro" con le ali. Cosa esattamente ciò voglia dire è - come sempre con SK - questione di gusti.

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Ma quel che più mi preme qui è di parlarvi del cantante di questi due pezzi focali della "toeletta rossa" suonati dalla Ray Hall Orchestra: vi parlo di Albert Allick "Al" Bowlly.

Nato a Lourenço Marques (Mozambico) nel 1898, vivrà una vita incredibile: figlio di mamma libanese e papà greco, tirato su in Sud Africa, con i primi successi a Surabaya (Indonesia), poi Kalkata (India). Arriva infine a Singapore e - nel '27 - a Berlino e l'anno dopo è a Londra, dove gli arriva addosso la Great Depression e si ritrova a fare anche il cantante di strada. Si riprende, arrivando a suonare al trendy Monseigneur Restaurant e infine nel '34 approda negli USA con la band di Ray Noble e un all-stars line-up (del tipo Claude Thornhill, Bud Freeman, Charlie Spivak) messa insieme da Glenn Miller. 'Viaggiatore globale' ante-litteram, ebbe carriera a sali-e-scendi per via di problemi alla gola che lo tennero lontano dai palchi per lungo tempo. Da qui la necessità di rifarsi un pubblico e ricominciare dalla gavetta. Optò di farlo in Inghilterra, ritornandovi nel '37 con la 2a moglie Marjie. (Non cercate notizie sulla prima moglie: l'unione durò eccezionalmente due settimane - Al aveva trovato la fedifraga a letto con un amico il primo giorno di matrimonio!)

Così il 17 aprile 1941 suonò a High Wycombe in duetto col chitarrista Jimmy Mesene ("Due voci e chitarre in armonia") decidendo poi di ritornare - col treno delle 22.34 - a Londra, a casa sua. Fu la peggiore notte dei blitz aerei nazisti contro Londra. Nessuno sa se decise di ignorare le sirene della contraerea oppure non le sentì. Lo trovarono la mattina dopo, disteso e intatto nella sua stanza al 32 di Dukes Street, ucciso da una porta scardinata dalla silenziosa bomba germanica paracadutagli sulla soglia di casa. Kubrick non avrebbe potuto descrivere meglio l'assurdità della guerra.

Amo Al anche perchè è il João Gilberto dell'emisfero settentrionale. Chitarrista dall'esile slide, venne  definito il primo dei crooners e pure la "prima pop star" ma preferisco la definizione del blogger lifeinthelongtail.wordpress: "Nel momento in cui canta, qualsiasi sia la canzone, lui è la canzone. La canzone è lui." E infatti nei pochi filmati rimasti lo vedi cantare accarezzando con le mani l'aria e le dita stirano i concetti e le parole quasi come stesse scolpendo la statua di Venere davanti ai nostri occhi. Lo stesso Ray Noble disse d'averlo "visto allontanarsi dal microfono con le lacrime agli occhi". Assoluto fascino: guardate il filmato di Melancholy Baby!

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Pubblicato nel numero di dicembre 2015 di BlowUp Magazine